La IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) definisce le terre rare (in inglese Rare-Earth Elements) come un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica. Nonostante il nome faccia pensare il contrario non sono elementi così introvabili: a parte qualche eccezione quasi tutti sono presenti nella crosta terrestre in concentrazioni piuttosto elevate. La rarità suggerita dal nome dipende dalla difficoltà di trovare giacimenti di metalli rari abbastanza grandi da renderne l’estrazione redditizia. Proprio per questo motivo il processo estrattivo è costoso e complesso.
Quali sono le terre rare
Le 17 terre rare sono:
La loro principale caratteristica è quella del magnetismo anche a temperature molto elevate.
Le terre rare sono diventate nel giro di cinquant’anni gli elementi più cercati al mondo, grazie al ruolo centrale che hanno avuto nella rivoluzione tecnologica degli ultimi 20 anni. Denominati per questo “metalli tecnologici” sono i protagonisti indiscussi di numerosi settori: dall’elettronica alla produzione industriale (petrolchimica, bellica, aerospaziale), dalle rinnovabili alla medicina.
Troviamo i Rare Earth Elements in molti oggetti della quotidianità: televisori, chip, hard-disk, touchscreen, circuiti elettronici, calamite permanenti, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, lampade a basso consumo, batterie per auto elettriche, componenti per laser o smartphone. Sono indispensabili per la produzione della maggior parte dei dispositivi high tech di cui siamo circondati e assumono un’importanza cruciale per lo sviluppo tecnologico, energetico e militare di un paese. La loro domanda cresce in maniera esponenziale.
Attualmente il 95% dei minerali contenenti terre rare proviene dalla Cina, che con quasi un terzo delle riserve mondiali detiene il monopolio del settore. Gli Stati Uniti sono il secondo produttore con il 15,5% del totale globale, seguiti da Myanmar e Australia.
I giacimenti di terre rare in Italia sono stati chiusi 30 anni fa, in parte per esaurimento in parte perché poco convenienti, ma alla luce dei nuovi scenari determinati dalla transizione energetica e digitale, si lavora già da tempo alla loro riapertura. Le riserve si trovano in Sardegna, Abruzzo, Lazio, Toscana, Liguria e nelle regioni dell’arco alpino dal Friuli al Piemonte. Ma qual è il processo per estrarre le terre rare? Esistono varie tecniche di estrazione, ma la più diffusa è quella idrometallurgica che si articola in tre passaggi:
L'estrazione delle terre rare è un processo dai costi molto elevati, non solo a livello economico ma anche in termini di sostenibilità ambientale e di impatto sulle popolazioni locali. Gli acidi e le sostanze chimiche usate per separare le terre rare dagli altri minerali generano infatti rifiuti tossici, disboscamento e perdita di biodiversità, filtrano nelle acque sotterranee e causano l’erosione del suolo. In Cina l’inquinamento provocato dall’estrazione di terre rare ha contaminato in alcune zone le risorse idriche e compromesso il suolo. Si rende quindi oggi più che mai necessario sviluppare tecniche di estrazione più sostenibili.
Una spinta significativa arriva dai modelli adottati dall’economia circolare, uno dei metodi per ottenere terre rare senza doverle estrarre nuovamente dal suolo è quello, infatti, del recupero dei RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche): le terre rare in questo caso verranno estratte da apparecchi elettronici in disuso. I rifiuti elettronici diventano in pratica una miniera di REE; attualmente il tasso di riciclo delle terre rare è ancora molto basso, mancano infatti le strutture adeguate per la raccolta e il recupero dei RAEE. Ma il futuro sarà controllare e limitare le estrazioni per uno sviluppo sostenibile e un’economia sempre più green.
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